giovedì, luglio 17, 2008

Imparare a comunicare in assenza di linguaggio: la mediazione attraverso simboli e musica in una bambina con sindrome Cri du Chat


M. Rodocanachi, AM Sanchez, K. Toshimori
Istituto Don Calabria, Milano



L’assenza di sviluppo del linguaggio nel bambino è una caratteristica clinica di un certo numero di sindromi genetiche rare (sindrome di Angelmann, sindrome di Rett, sindrome Cri du Chat ecc…).
Quando un bambino non impara a parlareuando un bambino non impaQQ la famiglia è di fronte ad una sfida complessa: la modalità verbale infatti, arricchita dalle altre sensorialità (vista, propriocezione, olfatto, atteggiamento empatico) è parte essenziale nell’interazione tra il bambino e la madre fin dai primi mesi di vita e con la crescita e l’organizzarsi della parola la relazione verbale diventa la modalità preponderante in ogni tipo di relazione tra il bambino (soggetto di mediazione) e la persona che interagisce con lui (il mediatore). Ci rivolgiamo al bambino parlandogli, attendiamo la sua risposta, semplifichiamo il nostro linguaggio per renderlo comprensibile.
Nel modello di Feuerstein alcune funzioni cognitive contengono una componente linguistica specifica.
Input: mancanza o insufficienza di strumenti verbali recettivi che influenzano la discriminazione.
Elaborazione: mancanza di elaborazione di alcune categorie cognitive perché le nozioni verbali non fanno parte dell’inventario dell’individuo a livello recettivo o non sono disponibili a livello espressivo.
Output: mancanza o insufficienza di strumenti verbali per comunicare risposte correttamente elaborate.
E’ evidente tuttavia che tutte le funzioni cognitive, in assenza di linguaggio, possono risultare deficitarie o difficilmente valutabili. Se il bambino non possiede linguaggio il suo quoziente intellettivo viene definito basso o molto basso. In assenza di risposta verbale ci troviamo di fronte ad una barriera che ostacola la comunicazione, rende difficile valutare un apprendimento, impedisce la reciprocità di un’interazione.
Il bambino resta chiuso nel suo mondo non verbale; l’adulto gli parla, ma le parole per lui non hanno significato, oppure la comprensione è conservata, ma non è in grado di rispondere. La sensazione in cui si viene a trovare chi è privato di linguaggio verbale non è diversa da quella di un qualsiasi individuo in un paese straniero, senza interprete e con impellente bisogno di chiedere, ricevere spiegazioni, interagire…con la differenza che per il bambino questa è una condizione esistenziale che con il passare del tempo lo isola dall’interazione con i pari, impoverendo il suo ambiente e privandolo a poco a poco della voglia di comunicare. Così anche l’elaborazione di strategie comunicative alternative (mimica, disegno, gesti, indicazione ecc….) in assenza di un attento intervento di mediazione tendono a non svilupparsi e l’intenzionalità comunicativa si riduce progressivamente fino ad atrofizzarsi. Le abilità sociali si impoveriscono e possono comparire disturbi del comportamento con tratti caratteristici del disturbo autistico.
In molte sindromi genetiche con assenza di sviluppo del linguaggio vengono infatti riportati in letteratura tratti comportamenti problematici: disturbo da deficit di attenzione, iperattività, comportamenti ripetitivi con stereotipie, tratti auto o eteroaggressivi. Anche se non correlabili direttamente da tutti gli autori con le difficoltà di comunicazione, questi tratti si riducono tuttavia quando l’intervento educativo e riabilitativo riescono a fornire strategie alternative di comunicazione.
L’intervento riabilitativo ed educativo nelle sindromi genetiche rare con assenza di linguaggio è passato negli ultimi anni da un approccio di tipo logopedico classico ad un sistema centrato sulla comunicazione nel quale viene sempre più utilizzata la Comunicazione Aumentativa Alternativa. (CAA). La possibilità di puntare sulla comunicazione indipendentemente dalla quantità e qualità di linguaggio verbale presente e persino in assenza completa di qualsiasi segnale linguistico e di costruire progressivamente un sistema do comunicazione che valorizzi qualsiasi potenziale comunicativo e lo modifichi costruendo un sistema condivisibile e generalizzabile da utilizzare per comunicare (comunicatori vocali, linguaggio dei segni, simboli organizzati in tabelle di complessità variabile e compatibili con le potenzialità del soggetto) si è dimostrata una strategia vincente.
Molte persone, un tempo escluse dal diritto alla comunicazione e socialmente emarginate, hanno potuto acquisire dignità di parola, di scambio e hanno potuto avere accesso ad un’istruzione.

Il percorso comunicativo nei bambini con sindromi genetiche rare con assenza di linguaggio verbale non è tuttavia semplice: spesso si tratta di bambini definiti con grave ritardo mentale in cui i tratti comportamentali rendono complesso un intervento riabilitativo. Frequentemente la famiglia o la scuola entrano in crisi per i progressi estremamente lenti e non riescono ad investire energia nella comunicazione. E’ facile in questi casi gettare la spugna; la stessa medicina riabilitativa, sempre più centrata sulla quantificazione dei risultati, spesso non trova le risorse economiche per un intervento mirato e non riesce a coinvolgere tutti gli attori necessari al buon fine dell’intervento (i partners comunicativi vicini e lontani, in primis la famiglia e la scuola).

La storia di Maria

Raccontiamo ora la storia di una bambina, Maria, affetta dalla Sindrome Cri du Chat, malattia rara dovuta ad un’anomalia cromosomica (delezione del braccio corto del cromosoma 15).
La letteratura scientifica rileva in questa sindrome ritardo mantale grave con disturbo profondo e globale delle possibilità di apprendimento, assenza di linguaggio verbale, disorganizzazione della motricità globale e manuale. Un’importante iperattività è presente in oltre il 90% dei soggetti spesso associata a deficit attentivi. Sono molto frequenti tratti comportamentali di tipo auto o etero-aggressivo.
La storia di questa bambina e dell’intervento educativo e riabilitativo attuato ci ha invece consentito
di scoprire a poco a poco la presenza di un mondo interiore ricco e ci ha aiutato a dar voce a questo mondo facilitando ed ampliando il pensiero.

L’abbandono e l’istituzionalizzazione
M. subito dopo la nascita è stata abbandonata dalla famiglia, che di fronte alla diagnosi e alle implicazioni prognostiche prospettate dai sanitari, non si è sentita di tenerla con sé. Ha vissuto in Istituto per bambini gravemente cerebrolesi fino all’età di due anni e mezzo. Durante questo periodo non ha sviluppato alcuna tappa motoria, appariva apatica, non sorrideva, non parlava e aveva pochissima intenzionalità comunicativa. La sua posizione preferenziale era quella supina, lo sguardo nel vuoto, nessuna gestualità finalizzata.

La famiglia affidataria e il primo intervento riabilitativo ed educativo: 3 – 8 anni
Con il consenso della famiglia di origine M. viene presa in affido da una famiglia che l’aveva conosciuta svolgendo attività di volontariato presso l’Istituto. Trova così affetto, calore umano, cure individualizzate e opportunità di relazione.
Inizia un percorso riabilitativo con interventi ambulatoriali di fisioterapia, finalizzata a promuovere l’organizzazione del movimento e di logopedia classica con approccio fonologico. E’ presente un’importante ipotonia sia globale che della muscolatura facciale.
Il linguaggio verbale non emerge, la comunicazione è prevalentemente gestuale ed empatica (si fa capire nei bisogni primari dai familiari).
Viene inserita alla scuola materna e dai 7 anni alla scuola elementare con la presenza dell’insegnante di sostegno in una classe integrata. Alla scuola elementare le insegnanti cercano un modo per aiutarla a comunicare e provano ad utilizzare la lingua dei segni (LIS), insegnando anche ai compagni di scuola la comunicazione gestuale. M. apprende alcuni segni e li integra nel suo patrimonio comunicativo. Tuttavia molti non la capiscono perchè il linguaggio dei segni è poco conosciuto.

La presa in carico riabilitativa presso il nostro Istituto
All’età di 8 anni la famiglia affidataria di Maria chiede una valutazione presso il Centro di Riabilitazione dell’Istituto Don Calabria per una ridefinizione del progetto riabilitativo. Il percorso evolutivo sembra infatti statico e la famiglia affidataria chiede se si può far qualcosa di più o di diverso.
Quando viene vista per la prima volta Maria non ha linguaggio verbale, ascolta ed interagisce, comprende e risponde con i pochi segni o gesti mimici cha ha imparato o con comportamenti che esprimono i suoi desideri (attirare l’attenzione della mamma, voler uscire, prendere dei giochi). Il suo comportamento è caratterizzato tuttavia da una grande agitazione con iperattività. Prende tutti gli oggetti presenti nella stanza e li abbandona subito o li butta senza riuscire ad organizzare un gioco e senza soffermarsi su alcun oggetto in particolare. A tratti manifesta segni di aggressività. Cammina da sola con un’andatura molto instabile.
La famiglia affidataria appare molto stanca e manifesta difficoltà di relazione con Maria.
Viene proposto un progetto di Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) per migliorare la qualità della sua comunicazione ed ampliare il numero dei partners comunicativi e per favorire la strutturazione di un pensiero più evoluto. L’obiettivo è quello di insegnarle a comunicare integrando le sue modalità usuali (mimica e gesti più o meno comprensibili) con un sistema comunicativo più evoluto costituito da simboli.
Al percorso di logopedia comunicativa si decide di affiancare la musicoterapia per intervenire, attraverso un setting musicale, anche sui fattori emotivi e comportamentali.
Il programma verrà svolto nelle sue fasi iniziali all’interno delle sedute di terapia logopedica, per costruire una relazione stretta tra bambina e terapista (intesa come mediatrice) attraverso un rapporto di conoscenza ed interazione affettiva che consenta di contenere l’iperattività e le difficoltà comportamentali. Dovrà essere condiviso con scuola e famiglia.


Il percorso di Comunicazione Aumentativa Alternativa (AnaMaria Sanchez)

Si stabiliscono assieme alla mamma le modalità di intervento: verrà utilizzato il linguaggio verbale da parte del mediatore e verranno accolte e rinforzate le modalità comunicative che M. possiede: uso della voce per richiamare l’attenzione e di 1-2 incerte parole, alcuni segni appresi e condivisi con la terapista e poche persone all’interno della scuola. Occorre tuttavia arricchire la comunicazione con altre modalità: con la LIS infatti M. sarebbe capita solo da persone che conoscono il linguaggio dei segni. Si pensa ad uno strumento di comunicazione di facile comprensione per tutti, con un codice universale e riconoscibile e si decide di adottare i simboli P.C.S. (Picture Communication Symbols) tramite utilizzo del BOARDMAKER, programma che contiene fino a 4000 simboli universali che possono essere stampati in differenti forme e dimensioni.
L’intervento viene condiviso con l’insegnante di sostegno. L’équipe riabilitativa si riunisce periodicamente per valutare , modificare e verificare il percorso.
L’introduzione di un percorso di musicoterapia, poco dopo l’inizio del lavoro di comunicazione, risulta molto importante per favorire una migliore adesione di M. al progetto globale. Si crea una forte interazione di scambio tra le due terapiste.
OSSERVAZIONE: condotta assieme all’ insegnante, per conoscere meglio M. e per capire i principali bisogni ed i desideri ancora non capiti da tutti e dare ai suoi desideri un significato (mediazione del significato).
Dall’osservazione emerge che:
- non sa giocare: afferra oggetti e giochi senza dare alcun significato all’atto motorio,
- è iperattiva: lasciata a sé non finalizza alcuna attività, sembra avere dei desideri e delle preferenze ma, non essendo in grado di farsi, capire si agita e sposta l’attenzione velocemente da uno stimolo all’altro; è possibile tuttavia aiutarla a controllarsi modificando il setting e dandole delle regole (modificabilità attraverso la mediazione del controllo del comportamento in un setting condiviso),
- richiede attenzione permanente e cerca affetto (reciprocità),
- vuole in ogni momento comunicare e usa tutto quello che può per farlo,
- la comprensione contestuale del linguaggio appare conservata.
A scuola inizia a riconoscere le lettere: viene fatta una valutazione psicopedagogica, in presenza della terapista CAA. Vengono rilevate potenzialità di apprendimento penalizzate del comportamento e dall’ iperattività.

INTERVENTO INIZIALE: gli elementi emersi dall’osservazione sono la base per l’intervento successivo (rinforzo, ampliamento, arricchimento di significato dei desideri e delle preferenze attraverso l’uso di foto, figure, simboli; controllo delle difficoltà di comportamento). La scuola e alla famiglia osservano il modello d’intervento approfittando di ogni opportunità per usare simboli e/o fotografie e favorendo la comunicazione sia in entrata (funzioni cognitive in input) che in uscita (funzioni cognitive in output) non solo a M., ma anche a tutti quelli che possono relazionarsi con lei. Il compito di modellare, valutare la funzionalità e insegnare l’uso della comunicazione simbolica all’ambiente micro e macrosociale fa parte dei compiti di chi conosce e applica la CAA (pur nei limiti di tempo imposti delle regole amministrative).

SETTING, STRATEGIE, RISORSE : viene privilegiata l’affettività, l’accoglienza ricca di emozioni positive rappresentate con tutte le modalità prescelte per l’intervento (verbale, lis, simboli, e/o foto). Viene fornito alla famiglia il CD per il programma PCS.
Occorre catturare l’attenzione tramite lo sguardo condiviso (intenzionalità – reciprocità), trasmettere il significato: “ TU SEI IMPORTANTE PER ME” anche al di là della sforzo che ti chiedo (trascendenza) , che viene associato a simboli diversi che rappresentano emozioni come “ti voglio bene”, “felicità”, “tristezza” …e si osserva subito che anche M. indica col dito le emozioni sul simbolo e fa capire che le piacciono tanto le foto. Le sue richieste e le sue esperienze di apprendimento all’interno della seduta vengono accolte e strutturate in un materiale concreto cartaceo raccolto per lei, un quaderno in cui le sue esperienze cognitive ed emotive vengono strutturate e possono essere utilizzate e condivise nel suo ambiente naturale al di fuori della seduta. Vengono utilizzate foto di situazioni di vita (famiglia, scuola, terapia) e si crea una sorta di diario personale che M. può utilizzare spontaneamente scegliendo le persone con cui comunicare.
A M. viene data una dignità di persona, di giovane preadolescente che ama fissare la sua vita emotiva su un diario personale.
M. non parla, ma emette un suono vocale di compiacimento unito all’espressione facciale.

SCELTA: la possibilità di scelta per una persona senza linguaggio è fondamentale per lo sviluppo della personalità. Spesso i bambini privi di parola si abituano a non scegliere, diventando passivi di fronte all’ambiente e non recettivi alla mediazione. Insegnare al bambino a scegliere è il punto di partenza per qualsiasi intervento sulla comunicazione. La terapista invita a scegliere fra 2 OGGETTI (Sostantivi) o tra due ATTIVITA’ (Azioni, Verbi) indicando oggetti che vede nella stanza per creare un momento di relazione e di scambio comunicativo: scelta tra l’uso dello xilofono e del tamburo, della palla, del computer….di fare un disegno (che viene poi firmato incollandoci sopra la sua foto dimensione tessera diventando così individuabile da tutti), di guardare dei libri per raccontare una storia…. Per ogni oggetto/attività viene creato un simbolo o fatta una foto. Di volta in volta il materiale aumenta, l’esperienza si arricchisce di significati, si sceglie l’attività attraverso l’indicazione dell’oggetto, ma anche del simbolo. M. impara molto velocemente ed inizia presto ad utilizzare da sola i simboli (mediazione di un comportamento di ricerca, di scelta e di conseguimento degli obiettivi). Durante tutta la seduta occorre tenere alta la condivisione, far scattare la curiosità verso la novità (mediazione di una disposizione positiva verso il nuovo).
Cosi entrano in gioco gli elementi di base degli apprendimenti scolastici: sostantivi, verbi, aggettivi, avverbi….e possono essere espresse emozioni e prese decisioni: “ancora, basta, mi fa schifo…”, che verranno tradotte in simboli. M. usa quello che ritiene necessario per comunicare associando la LIS ai simboli; la terapista usa entrambi i mezzi, a seconda della circostanza, ma cerca di favorire il simbolo.

IL GIOCO: saper giocare è essenziale per strutturare la personalità e per favorire lo sviluppo del pensiero. La terapista predispone il setting con giochi strutturati e simboli per favorire un’esperienza condivisa di gioco ed arricchire al tempo stesso il linguaggio simbolico e la comunicazione. M. trova nella stanza predisposto il gioco della bambola con tutti gli oggetti e i simboli corrispondenti. Viene invitata ad osservare, la terapista modella il gioco della bambola con una esagerata emotività per evocare un interesse e poco a poco anche M . entra a far parte del gioco: si gioca insieme e si comunica. M. impara a giocare, a divertirsi e vuole farsi fotografare mentre gioca.
Imparando attraverso un gioco mediato M. comunica sempre meglio, si controlla e diventa sempre più serena. Chiede un foglio sul quale mettere i simboli del gioco; vengono create tabelle a tema per i vari giochi che vengono utilizzate anche in altri contesti (generalizzazione) in particolare quando lavora con la musicoterapista. Tutti gli apprendimenti sono condivisi con la musicoterapista e la scuola.

BARRIERE AMBIENTALI, TUTTO PERDUTO?: dopo un anno di buoni risultati si verifica un cambiamento nell’ambiente: l’insegnante di sostegno cambia e la scuola non riesce più a seguire il percorso di comunicazione, contestualmente alcuni fattori stressanti famigliari mettono M. in condizione di essere meno esposta alla mediazione. M. ne risente fortemente e prova un senso d’abbandono, regredisce , non ha un punto fermo, non si sente capita, sembra che tutto quanto fatto fino ad ora sia stato cancellato… (apprendimenti non cristallizzati o blocco emotivo con regressione per una migliore comprensione del contesto?)
I simboli non utilizzati a scuola e a casa sembrano persi, resta soltanto il lavoro fatto in seduta.
Si ricomincia da capo senza perdere la speranza...ed in questo è fondamentale il sostegno dell’intera équipe e la “mediazione alle terapiste” del significato delle difficoltà ambientali.
Il rapporto tra M. e la nuova insegnante la accompagna alle sedute è estremamente conflittuale.
La bambina diventa aggressiva e l’insegnante utilizza le sedute di comunicazione per riversare il suo malessere sulla terapista, ma non riesce ad entrare in relazione con M. rendendo quasi impossibile il lavoro con la bambina. Il clima diviene molto teso e anche a scuola l’inserimento è problematico sotto il profilo comportamentale. L’intervento sembra fallito perché la scuola non regge più M.
Si prende una decisione rischiosa: lasciare fuori dalla seduta di comunicazione l’insegnante, penalizzando l’unico mezzo di contatto tra percorso educativo e riabilitativo. Si accolgono empaticamente le difficoltà interne alla famiglia e non si investe, al momento, su una condivisione pratica del percorso richiedendo la presenza dei famigliari
La logopedista osserva M. in musicoterapia e nota subito che non ha cancellato il precedente lavoro, anzi è più libera e comunicativa di prima.
Si fa una sintesi in équipe analizzando perché nelle sedute di musicoterapia funziona bene la modalità di CAA con incremento anzi dell’uso dei simboli. Ci si confronta e si riprende il percorso. L’accompagnamento da parte di una baby sitter sorridente e comunicativa è fondamentale: M. diventa nuovamente recettiva alla mediazione.
M. non aveva dunque perso gli apprendimenti, che si erano cristallizzati nella sua mente, ma il contesto sfavorevole non le consentiva di esprimerli.
Il percorso continua.

Il percorso di Musicoterapia: le difficoltà comportamentali e la scelta di utilizzare la musicoterapia come via per la mediazione del significato dei simboli (Kumiko Toshimori)

La musicoterapia è l’applicazione sistematica della musica e/o degli elementi musicali (suono, ritmo, melodia e armonia), diretta dal musicoterapeuta in un ambito terapeutico, per apportare i cambiamenti desiderati nel comportamento. Tali cambiamenti permettono all’individuo di affrontare la terapia per arrivare ad una maggiore comprensione di sè e del mondo intorno a lui, e di ottenere quindi un più adeguato adattamento alla società.
Entrare in relazione con una persona mediante interventi di musicoterapia diviene l’occasione per agire in modo diretto e immediato, poichè il suono è relazione. Il musicoterapeuta può allora indagare, scoprire, accorgersi di qualcosa che accade e che non rientra nella norma dei comportamenti conosciuti e o codificati.
Poichè il suono è la prima realtà con cui l’uomo entra in contatto, fin da quando si trova nel ventre materno, la musica si rivela essere un mezzo privilegiato per toccare le corde più intime dell’animo umano. Sostituendo il linguaggio verbale con un linguaggio più primitivo ed istintivo, la musica consente di entrare in relazione con l’altro, e ben si presta a rispondere alla necessità di dar voce e risonanza ad emozioni che non riescono ad essere espresse verbalmente. Per questo è sembrato opportuno offrire a M. l'opportunità di un percorso musicoterapeutico.

In musicoterapia si lavora sui vari livelli, ponendosi un ampio spettro di obiettivi. Al momento della presa in carico di M. gli obiettivi iniziali erano i seguenti:
- a livello affettivo-relazionale: migliorare la capacità relazionale, stimolare la capacità comunicativa tramite i canali non verbali, aiutarla ad esprimere le sue emozioni, ad elaborarle e trasformarle, migliorare la sua autostima
- a livello motorio: migliorare la sua capacità di percezione corporea, la deambulazione, il controllo motorio degli arti superiori, i movimenti fini e grossolani, contenere e dare significato al suo spazio
- a livello cognitivo: migliorare la sua capacità di attenzione e di concentrazione
- a livello sociale: migliorare la sua qualità di vita

Nel caso di M, dalla riflessione svolta in equipe è emerso come il livello più urgente su cui intervenire fosse quello affettivo, a motivo delle sue difficoltà comportamentali e relazionali.

Il percorso con M.
M aveva un equilibrio personale abbastanza buono e dei mezzi comunicativi piuttosto efficaci, ma con finalità strumentali: solo raramente toccavano il livello affettivo (ad esempio nel dialogo sonoro non c’era il “dialogo”, ma si osservava spesso un “soliloquio”). Il suo modo di comunicare dunque era tendenzialmente a senso unico, e queste “conversazioni” non mostravano grandi possibilità di sviluppo e di arricchimento. Questo limite nella gestione delle proprie emozioni è emerso con evidenza quando l’ambiente intorno a lei si è modificato in modo per lei spiacevole (fattori stressanti familiari, cambiamento dell’insegnante di sostegno...). In queste situazioni è risultato evidente il bisogno di modificare il suo modo di relazionarsi con il mondo, o, in termini di musicoterapia umanistica, di trasformare la sua mappa del mondo ed il modo di utilizzarla.

Nella prima fase del lavoro con M. la mia attenzione si è concentrata sull’ascolto empatico, la sintonizzazione e la calibrazione (matching e pacing), sul dialogo sonoro e sul ricalco nei momenti di acting out. Durante questi primi mesi si è così instaurato il rapporto e abbiamo sviluppato la relazione, ho avuto modo di conoscere la sua mappa del mondo e abbiamo iniziato a lavorare sulle emozioni, spostandoci dalla superficie e dirigendoci verso strati più profondi.
Con l’avvento del periodo “difficile” di M e il modificarsi del contesto, l’obiettivo del lavoro è stato principalmente quello di riconoscere, esprimere, affermare e trasformare la sofferenza e il disagio che stava provando. Ha acquistato molta importanza quindi il rispecchiamento empatico, che le ha consentito di riconoscere, vivere profondamente e condividere la sua rabbia, trasformando la sua mappa del mondo.
Questa trasformazione-crescita ha portato a una evoluzione nel nostro rapporto (leading reciproco) verso la novità, innescando una reazione a catena che ha portato miglioramenti ad ogni livello: controllo emotivo più elevato, maggiore flessibilità, capacità di gestire il setting, miglioramenti sul piano cognitivo e motorio.

Osservazioni sul metodo di lavoro
Alla base del mio lavoro riconosco due affermazioni fondamentali:
- nessun terapeuta può trasformare un paziente più di quanto il paziente possa trasformare sè stesso (reciprocità). Il cambiamento terapeutico è un processo di crescita e integrazione, che è il frutto di ciò che il paziente apprende e sperimenta durante il processo terapeutico
- seduta dopo seduta, io cresco insieme ai miei pazienti
Il lavoro con M. è ai miei occhi una dimostrazione assai efficace di queste due idee.
Ho sempre sentito la necessità di arricchire il mio lavoro musicoterapeutico con l’utilizzo di stimoli multisensoriali. Nel caso di M, che ha una buona capacità di comprensione e di comunicazione tramite l’uso di stimoli visivi (disegni, gesti, simboli) e che già utilizzava la Comunicazione Aumentativa Alternativa, è stato naturale concentrarmi sugli stimoli visivi ed iniziare ad utilizzare i simboli della CAA. Iniziando a dialogare con questo ausilio, è stata possibile una comprensione più ricca e profonda dell’output (caratterizzato da modalità di comunicazione egocentrica, mancanza di strumenti verbali, comportamento impulsivo e di passaggio all’atto) di M (che è l’aspetto più compromesso), il dialogo è risultato più chiaro ed efficace e di conseguenza anche l’input (M. presentava percezione vaga e insufficiente, comportamento esplorativo impulsivo, mancanza di strumenti verbali per comunicare) che M. coglieva è diventato più ricco e significativo. Molto importante è stata anche la collaborazione con la terapista di CAA, perchè ha permesso ad ognuna di noi di entrare in un setting nuovo e di osservare M. in esso, cogliendone degli aspetti inediti e arricchendo e integrando l'immagine che avevamo di lei.
A fianco del bisogno di arricchire gli stimoli e la comunicazione, vi è però anche l’esigenza di “pulizia”, di semplificazione, di eliminare gli eccessi di informazioni e di stimoli (lavoro sulle funzioni di elaborazione: distinguere i dati rilevanti, percepire l’esistenza di un problema, elaborare categorie cognitive, pianificare). Così anche con M. è stato fondamentale togliere gli oggetti superflui, posizionarla sul materasso per darle un contenimento spaziale ( lavoro in input: sistemi di riferimento per l’orientamento spaziale) e nasconderle alla vista le potenziali distrazioni che non potevo spostare: in una parola, selezionare gli stimoli utili ed eliminare quelli superflui (lavoro in elaborazione sulla capacità di distinguere dati rilevanti).
Utilizzando anche durante la seduta di musicoterapia i simboli, M ha avuto la possibilità di lavorare sul livello mnetstico, ricordando il significati dei simboli e servendosene in modo adeguato ed efficace nel setting. In questo modo ha sviluppato la capacità di maneggiare il linguaggio acquisito e ha trovato conferma di questa possibilità comunicativa in un ambito differente (lavoro sulle funzioni linguistiche in input, elaborazione ed output con modalità pittografica).
Indubbiamente la qualità di vita di M è molto migliorata: facendo ricorso alle sue risorse interiori M ha conseguito un notevole ampliamento delle sue possibilità di comunicazione, e sta imparando a relazionarsi con l'ambiente secondo un pensiero nuovo: “io sono ok, io ci riesco” (mediazione del senso di competenza e dell’autostima).


Cosa vuole dirci e come ha imparato a dirlo: i contenuti del pensiero

Il linguaggio non si è strutturato, ma pensiero e comunicazione si sono enormemente arricchiti. M. spesso appare agitata ed iperattiva, ma ciò avviene soprattutto quando vuole comunicare qualche esperienza forte della sua vita, qualche episodio che l’ha colpita e del quale vuole mettere a conoscenza i partners comunicativi con cui ha instaurato una relazione preferenziale di amicizia. Come una qualsiasi preadolescente vuole raccontare di sé, ma è anche in grado di esprimere giudizi sulle persone e di fare battute di spirito…come quando durante una seduta di musicoterapia ha interrotto il setting musicale per comunicare che l’insegnante che l’aveva accompagnata, quella con la quale non andava d’accordo (e nello sforzo comunicativo M. ha pronunciato più volte la prima sillaba del nome di questa persona), “non era tutta giusta di testa”, o quando ha voluto segnalare con un disegno e dei simboli al medico, entrato nella stanza di musicoterapia per osservare una seduta, di aver morsicato l’insegnante stessa e di aver preso una sculacciata per questo atto. Ma emerge anche una comunicazione attiva di richiesta spontanea verso estranei (richiesta del gelato al bar del centro, richiesta di poter avere una bicicletta rossa al tecnico ortopedico, visto per la prima volta, che le stava facendo provare una bicicletta ortopedica).
Dando voce ed arricchendo il pensiero i tratti di iperattività, pur essendo ancora presenti, sono attualmente molto contenibili.
I contenuti della comunicazione non verbale mettono in luce un pensiero ricco grammaticalmente (sostantivi, aggettivi, verbi, avverbi, comparativi…), utilizzato per esprimere anche concetti astratti (sentimenti, stati d’animo, giudizi sulle persone e sulle cose) ma anche per evocare ricordi belli o dolorosi e per condividerli armonizzando così maggiormente il suo mondo emotivo.

Il futuro
Il percorso futuro di M. pone alcuni interrogativi e indica un cammino ancora lungo, ma in salita.
Questi i principali quesiti:
- come strutturare degli apprendimenti?
M. non legge e non scrive, anche se ha mostrato di saper riconoscere le lettere e di avere potenzialità di apprendimento. I bambini che non acquisiscono il linguaggio sono generalmente esclusi dai percorsi classici di apprendimento pur essendovi in Italia un Legge sull’inclusione scolastica. Il GAP negli apprendimenti tra M. e la sua classe (5 elementare) è ormai estremamente elevato. Occorre pensare ad un percorso riabilitativo ed educativo individualizzato?
Il programma di arricchimento strumentale di Feuerstein con modalità tattile potrebbe essere una modalità futura di intervento e apre una strada per una sperimentazione futura e per un percorso di integrazione;
- come rendere universale la sua comunicazione?
Occorre immaginare un percorso futuro di maggiore condivisione con tutti i partners comunicativi, in primis quelli vicini (familiari, insegnanti, compagni), ma successivamente anche quelli più distanti (vicini di casa, persone che si incontrano occasionalmente, sconosciuti). Attualmente la comunicazione più evoluta avviene all’interno del setting terapeutico, specie in musicoterapia (ora: M. apprende nella seduta di logopedia e utilizza gli apprendimenti in quella di musicoterapia; in futuro: M. dovrebbe apprendere a scuola e utilizzare gli apprendimenti a casa e nella società)
- come interagire con famiglia scuola e società?
E’ forse il punto più critico: occorrono dei cambiamenti culturali nel sistema delle relazioni familiari, è necessario muoversi con delicatezza, con comprensione ed empatia interagendo con il sistema famiglia e scuola, occorre cooperare e non entrare in contrapposizione. E’ un processo lento per attuare il quale sono necessari pazienza e tenacia. Il ruolo dell’équipe riabilitativa è fondamentale per sostenere gli operatori.

Conclusioni:
Il lavoro con M. ci suggerisce alcune riflessioni:
- la comunicazione è una caratteristiche essenziale della persona umana, in assenza di comunicazione l’individuo riduce la sua forza vitale fino all’annullamento;
- se la comunicazione verbale è assente le tecniche di comunicazione non verbale da un lato (CAA) e la teoria della modificabilità strutturale cognitiva, dell’intervento di mediazione e dell’arricchimento dell’ambiente (Feuerstein) sono potenti strumenti per promuovere lo sviluppo e dare opportunità di crescita e di integrazione;
- un lavoro di approfondimento del funzionamento cognitivo dinamico (valutazione delle funzioni cognitive) con un’attenzione precisa ai criteri di mediazione, applicato ad un percorso riabilitativo che utilizza altre tecnologie, può produrre notevoli cambiamenti nel funzionamento cognitivo ed emotivo di una persona;
- il programma di arricchimento strumentale di Feuerstein (PAS) può essere un importante mezzo per promuovere lo sviluppo cognitivo anche in assenza di linguaggio verbale; la forma tattile del PAS potrebbe essere un primo approccio soprattutto in situazioni in cui il deficit di linguaggio espressivo determina difficoltà di tipo comportamentale e di attenzione.



Bibliografia:

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