giovedì, gennaio 14, 2010

Star bene insieme: il valore della crescita cognitiva

Molte ricerche si sono addentrate nell’affascinante ed ancora piuttosto misterioso mondo emozionale. Pur nella consapevolezza che esiste molto da scoprire, alcuni punti fermi sono stati raggiunti.
Una delle opinioni su cui convergono studiosi provenienti anche da ambiti molto diversi, è quella che esista una suddivisione primaria tra emozioni di base, presenti universalmente già dalle primissime fasi della vita, ed emozioni secondarie che possono essere composte dall’interazione tra più sensazioni diverse e che richiedono una forma di autoconsapevolezza. Seguendo tale suddivisione possiamo classificare le emozioni in emozioni di base ed emozioni complesse.

Emozione di base (primarie o semplici) presenti dalla nascita e manifeste con espressioni del volto specifiche ed universali.
Tali emozioni sono: felicità, paura, rabbia, tristezza, disgusto, sorpresa.

L'argomento a favore dell'esistenza di un gruppo di emozioni fondamentali dipende, entro certi limiti, dalla scoperta di Paul Ekman, della University California di San Francisco, che le espressioni facciali specifiche per quattro di esse (paura, collera, tristezza, gioia) sono riconosciute in ogni cultura del mondo, compresi popoli anal­fabeti che presumibilmente non sono influenzati dal cinema o dalla televisione. Ciò suggerisce l'universalità di queste emozioni. Ekman ha mostrato fotografie che ritraevano con precisione tecnica volti esprimenti le quattro emozioni fondamentali a persone di culture lontanissime dalla nostra come i Fore della Nuova Guinea - una tribù isolata che vive in lontani altipiani ed è rimasta all'età della pietra - e ha constatato che dovunque la gente riconosceva le stesse emozioni fondamentali. Questa universalità delle espressioni facciali dell'emo­zione fu probabilmente notata per primo da Darwin, che la giudicò una prova del fatto che le forze evolutive avevano impresso questi se­gnali nel nostro sistema nervoso centrale.
Intelligenza Emozionale - Goleman


Emozioni complesse (secondarie o auto consapevoli. Il termine “autoconsapevole” mette in rilievo l’aspetto cognitivo): vergogna, senso di colpa, invidia, imbarazzo, orgoglio, innamoramento, gelosia. Non per tutte ci sono espressioni specifiche in ogni lingua.



Qualche parola sulle emozioni
Tra le emozioni primarie quelle che solitamente toccano più da vicino i bambini sono ira, paura e tristezza. Come tutte le emozioni hanno un valore positivo che non va sottovalutato né, tanto meno negato. L’obiettivo di un buon educatore non è quello di insegnare al bambino a sopprimere le proprie emozioni (impossibile anche volendo) o fingere di ignorarle mascherandone l’esistenza, ma quello di promuovere da parte del bambino una forma di autocontrollo tramite la loro conoscenza, la capacità di individuarne le cause e, di conseguenza, sviluppare un comportamento di risposta adeguato al contesto.
Per autocontrollo non si intende, quindi, contenere completamente le proprie reazioni emozionali, né tanto meno la loro apparente assenza di fronte a situazioni problematiche, difficili o impreviste. Non è salutare neanche da adulti reprimere le proprie emozioni. A maggior ragione in età evolutiva è bene dar voce ai sentimenti, permettendo all’emotività di trovare il modo di essere espressa ed elaborata.
L’assenza completa di reazione di fronte ad una situazione emotivamente coinvolgente, è indice di incapacità o di impossibilità ad esprimere ciò che si prova, va quindi affrontata con decisione e comprensione.

E’ molto spesso difficile anche per un adulto riconoscere i segnali “campanello” di un’emozione negativa in crescita. L’ira soprattutto che ha il difetto, più delle altre, di autoalimentarsi, è bene che venga riconosciuta ed affrontata al suo nascere. Ancora più difficile risulta a molte persone leggere i segnali analogici sui volti di chi li circonda, lettura che permetterebbe un miglior approccio nei confronti del prossimo e favorirebbe la reciproca comprensione.
Ira, paura e tristezza, se non adeguate al contesto, rendono difficile lo sviluppo delle abilità sociali, con una ricaduta spesso significativa anche sul piano cognitivo.