giovedì, luglio 17, 2008


Degrado sociale e deprivazione culturale:
la scuola come punto di riferimento

Paola Tedeschi





Il mio intervento verterà sulla sperimentazione del Metodo Feuerstein in una scuola media di Napoli, in una zona fino ad un decennio fa molto attiva dal punto di vista economico, sede da secoli di un mercato fiorente, denominata infatti Piazza Mercato. Attualmente le attività commerciali sono per la maggior parte chiuse, gli abitanti versano in situazioni economiche critiche perché le precedenti attività dell’indotto sono sparite, funzionano invece il commercio illegale di sostanze stupefacenti, di merce contraffatta, la prostituzione e gli allevamenti di pitbull nei garage per i combattimenti, oltre al traffico clandestino di animali esotici per le ville dei camorristi.
Il quartiere è una sorta di zona off limits, non ho mai visto un poliziotto o un vigile e tutti agiscono indisturbati, con il consenso degli abitanti. Vige un codice di regole non detto.

Modalità di intervento

· Inizio attività 15/01/08
· Termine attività 30/05/08
· Orario: 1 ora e 30 ad intervento due volte a settimana, poi modificate in 1 ora ad intervento su richiesta dei docenti
· Le classi sono 3, una prima e due seconde medie
· Gli interventi si sono attuati durante l’orario scolastico in compresenza dei docenti, senza Tutoraggio e/o Referenti per il Progetto nominati dalla Scuola
· Le nostre attività sono state rivolte solo agli alunni, come da progetto
· E’ stata prevista un’attività di counseling e sensibilizzazione al Metodo Feuerstein per i docenti ed è stata attuata dalla Dott. Jael Kopciowski.

Prime osservazioni

Mancata scolarizzazione, nel senso della disciplina e del saper stare in classe
Individualismo, incapacità di condividere spazi fisici ed emotivi
Assenza di linguaggio verbale corretto e di parole
Utilizzo del body language, dello sguardo, soprattutto per comunicare aggressività
Comunicazione impulsiva, controllo delle emozioni limitato
Mancanza di interessi, rassegnazione, senso di impotenza
Assenza di pianificazione, incapacità di andare oltre al qui ed ora


E’ necessario un intervento orientato sia alla sfera cognitiva che a quella emotiva, e il PAS lavora anche sull’aspetto cognitivo delle emozioni. “Per formare la personalità di un ragazzo bisogna lavorare su elementi stabili e le strutture cognitive sono stabili, invece le emozioni cambiano.” (Rafi Feuerstein)
Anche per comprendere l’etica sociale e i valori morali ci vuole una struttura cognitiva, come per decidere di aderirvi.

Non c’è bullismo, l’aggressività è espressione di un disagio profondo.
[“Bullismo”: una sottocategoria del comportamento aggressivo caratterizzato da alcune specifiche modalità dell’azione, come l’intenzionalità, cioè la deliberata volontà di recare danno in varie forme, fisica, psicologica o sociale, ad una persona deliberatamente designata come vittima.
Nel caso del bullismo, l’uso della propria forza o del proprio potere viene indirizzato per intimorire o danneggiare una persona più debole o considerata tale. (Olweus 1986,1991).

Il Prof. Rafi Feuerstein nel suo recente convegno a Garbagnate Milanese, parlando del fenomeno del bullismo, ha presentato un’analisi della comprensione sociale elaborando gli studi del sociologo Sealman:

Stage 0: fase egocentrica. Non c’è differenziazione sociale, non c’è differenza tra interpretazione degli eventi soggettiva ed oggettiva.. C’è solo la mia interpretazione della realtà.

Stage 1 – 3: cammino emotivo e cognitivo che ci permette di raggiungere la maturità sociale descritta nell’ultimo livello.

Stage 4: prospettiva sociale in cui il sistema a cui apparteniamo coinvolge molto più della famiglia, della comunità…La modalità di comportamento è sociale, non personale. C’è un contratto sociale non sempre esplicitato, a cui riferirsi in caso di conflitto.

I ragazzi sono a livello 0 nelle relazioni personali, ma fanno riferimento direttamente al livello 4, in modo inconsapevole e non interiorizzato, in caso di conflitto.

L’ambiente di Piazza Mercato è chiuso sia dagli edifici che lo delimitano fisicamente che dallo speciale contratto sociale (di matrice camorristica?). Si nota però una sorta di auto ghettizzazione, il fuori è diverso e i ragazzi si sentono a disagio. Sentono di non avere spessore e dignità nella società al di fuori del loro quartiere, si sentono perdenti perché non sono in grado e non vogliono mettere in atto strategie considerate da persona debole, costa loro troppa fatica. Ciò ha a che fare anche con la perdita della loro identità sociale, come dirò dopo.
Non riconoscono un sistema sociale diverso dal loro, quindi lo aggrediscono.
Il problema è che tra lo stage 0 e lo stage 4 c’è un vuoto, un vuoto dovuto alla mancanza di relazioni e di esperienza di relazioni positive con la famiglia, i propri pari, l’autorità da loro non riconosciuta.

Le famiglie. Ai nostro occhi con un comportamento piuttosto indecifrabile, contro lo stato ma nello stesso tempo piene di pretese verso le istituzioni, violente verso i figli che non vanno bene a scuola, ma pronte a proteggerli in caso di filoni e assenze, comprano ai figli cellulari e vestiti di marca e danno loro soldi e motorino, ma non li vogliono a casa dopo scuola e li aspettano direttamente per cena. Quasi tutte le famiglie, sempre dai racconti dei ragazzi, sono allargate: genitori separati non ufficialmente che convivono con i nuovi compagni e i nuovi figli, e i ragazzi sballottati tra uno e l’altro o i nonni o i vicini di casa (a pagamento), tutto sempre rigorosamente all’interno del rione. Per non parlare di chi ha la madre prostituta o il padre spacciatore.
Dai loro discorsi emergono comunque spesso storie di abbandono familiare, nel senso di genitori che ignorano i propri figli.

Ci siamo poste alcuni obiettivi:

Facilitare l’unità e la coesione del gruppo classe come piccolo sistema sociale in cui darsi regole condivise, imparare a seguirle, costruire relazioni in cui veicolare le proprie emozioni, gestirle, riconoscere e rispettare quelle altrui. (Rinforzare la capacità di una persona di capire, gestire, esprimere gli aspetti sociali ed emotivi del proprio vissuto. Con Identifica le Emozioni e con l’analisi delle diversità presenti nelle classi).
Motivare i ragazzi alla ricerca di risultati e quindi alle strategie, a focalizzarsi sulle proprie azioni e poi alla pianificazione e al conseguimento di scopi. (Con Organizzazione Punti). Ma abbiamo dovuto partire dalla mediazione del BISOGNO di ricercare risultati perché ci siamo trovate di fronte all’abulia, all’inerzia, all’apatia.
Rendere i ragazzi consapevoli dell’esistenza di un mondo e di una società non divorante al di fuori del loro quartiere. Lavoro molto delicato perché non può fermarsi al semplice confronto e alla percezione delle disuguaglianze, siano esse valutate positivamente o non.
La mediazione va oltre e coinvolge sia il sistema valoriale che l’apprendimento sociale, e veicola il sentimento di appartenenza ad un mondo che non è solo il proprio quartiere.
Promuovere l’individualità e l’identità. L’individualità vs l’individualismo, il valore della propria identità vs l’egocentrismo.
Non mi dilungo sulle funzioni cognitive necessarie a percepire l’esistenza di un sé, mi soffermo sugli aspetti della mediazione.
Prima fra tutte la mediazione del senso di competenza, strettamente legata alla percezione che il ragazzo ha di se stesso.
Ritorno un’altra volta alla famiglia: mancanza di cure e attenzioni, affetto mediato da beni di consumo e in ultimo un senso di protezione che sembra essere più un senso di “riparazione” alle cosiddette offese che subiscono i ragazzi dai propri pari e dall’autorità misconosciuta. Il messaggio veicolato da questo comportamento è una sottolineatura del codice sociale ed i ragazzi non si sentono unici per i propri genitori ma parte di un meccanismo in cui gli stessi sono imbrigliati.

Ci siamo trovate di fronte a ragazzi e ragazze con bassa autostima, incapaci di liberarsi dal ruolo di perdenti, fallimentari a scuola, senza convinzione di potercela fare e soprattutto senza la consapevolezza di avere delle possibilità. Senza la capacità e il DESIDERIO di investire su se stessi per proiettarsi nel futuro.
In questo contesto mediare l’individuazione e la differenziazione psicologica è un gradino ancora precedente rispetto al senso di competenza.
Zygmunt Bauman: “Si diventa consapevoli che l’appartenenza e l’identità non sono scolpite nella roccia, non sono assicurate da una garanzia a vita, sono negoziabili e revocabili. I fattori cruciali per entrambe sono le proprie decisioni, i passi che si intraprendono, il modo in cui si agisce e la determinazione a tener fede a tutto ciò. In altre parole alla gente non viene in mente di avere un’identità finché il suo destino rimane un destino di appartenenza, una condizione senza alternative”.
Nella società di Piazza Mercato chi decide di “cambiare”, e si deve sentire consistente e compatto per poterlo fare, di non sottostare più alle regole imposte dall’ambiente, va incontro all’alienazione e all’esclusione; i ragazzi crescono con un sentimento di appartenenza molto forte e radicato perché l’appartenenza coincide con la loro identità.
Comunque i ragazzi della scuola una confusa affermazione della propria identità la manifestano, in modo non gestito emotivamente, mediante una strenua difesa del proprio territorio, inteso proprio come spazio fisico e vitale all’interno dell’aula.

Sembra ingenuo da parte nostra, ma abbiamo scelto di far vedere ai ragazzi il film “I dieci comandamenti” di De Mille e utilizzato la figura di Mosè come mediatore del sapersi mettere in discussione, della ricerca di nuovi valori, della modificabilità umana e dell’elaborazione di una nuova identità. Le difficoltà, la paura e i blocchi iniziali del popolo ebraico ci hanno dato l’opportunità di discutere l’ERRORE come risorsa.

Criticità

Progetto svolto durante l’orario scolastico (problemi organizzativi)
Compresenza con i professori (invasione del loro spazio)
Tranne tre eccezioni, tutti i docenti demotivati o critici
Assenza di Tutor o Referente del progetto (troppe responsabilità)
Preside e Vicaria totalmente assenti (assenza di collaborazione)
Aspettative miracolose nel Metodo per ignoranza dello stesso
Mancata sensibilizzazione delle famiglie

Domanda: la scuola può essere un punto di riferimento quando ai ragazzi mancano riferimenti reali e, soprattutto, seri e responsabili?
Sicuramente, ma non in presenza delle criticità soprascritte e soprattutto non in presenza di un dirigente scolastico che organizza ancora “classi speciali”: le classi che abbiamo seguito noi erano composte solo da ragazzi ripetenti o con difficoltà di apprendimento dalle elementari, non avevano in programma gite scolastiche e progetti di manualità, musica o altro come le altre sezioni. A maggio sono state spostate addirittura in un altro edificio, senza segreteria o altro punto di riferimento.
E l’ambiente modificante in questo caso dov’è?
Come si può pretendere di modificare gli alunni di una scuola ingessata, se questa non è disponibile a modificarsi?




Zygmunt Bauman: Intervista sull’identità, Ed. Laterza
Rafi Feuerstein: convegno Nuove frontiere del Metodo Feuerstein, aprile 2008, Garbagnate Milanese (Mi)
Jo Lebeer, G. Schnitzer, C. Andries: Usefulness of cognitive intervention programmes for socio-emotional and behaviour problems in children with learning disabilities, Journalof Research in special education needs, n. 3, 2007
Paola Vanini: Potenziare la mente? Una scommessa possible, Vannini Editrice
Jael Kopciowski: Migliorare se stessi per ottenere di più, Ed. Koinè