giovedì, luglio 17, 2008

Organizziamo punti ed emozioni






Paola Cordenos
Maria Sasso
Docenti della Scuola Media Statel “Amalteo- Tommaseo” di San Vito al Tagliamento- Pordenone







L’alunno E.N., inserito nella classe prima, fin dai primi mesi dell’anno scolastico ha dimostrato un lento ritmo di apprendimeno e difficoltà di concentrazione ed attenzione, distraendosi spesso e creando occasione di disturbo alle lezioni, cercando di coinvolgere i compagni.
In questa situazione i docenti si sono attivati in un controllo frequente della partecipazione e dell’impegno sollecitando i suoi interventi, che però si sono rivelati spesso poco pertinenti.
Nell’affrontare il lavoro in classe, E. si attiva con fatica e, solo dopo numerose sollecitazioni, apre i quaderni ed i libri, nonostante le numerose esortazioni a trascrivere appunti di spiegazioni e schemi sul quaderno. E. si distrae e, quando la lavagna deve venir cancellata per continuare a svolgere ulteriori esercizi, egli è sempre in ritardo e persino quando l’insegnante, dopo aver fatto presente che la spiegazione alla lavagna va trascritta sul quaderno esortando tutti al controllo del proprio lavoro, re-illustra i passi fondamentali della lezione con richieste ai compagni di delucidazioni e/o piccoli esercizi mentali per dare a lui il tempo di trascrivere il tutto, egli si deve spesso ancora attivare. Talvolta , se si sente sollecitato o, a suo parere, incalzato, all’ennesimo richiamo sbuffa e si rifiuta di lavorare.
Piuttosto disorganizzato, si è spesso presentato a scuola con i compiti eseguiti in modo superficiale, ed anche privo di alcuni materiali ed attrezzi.
Nella prima parte dell’anno scolastico è stato necessario, inoltre, ribadire più volte l’orario di entrata del mattino, in quanto egli non era presente al suono della campanella assieme ai suoi compagni e spesso li ha raggiunti in un secondo tempo in classe (talvolta con l’occhio all’orologio ed esclamando:”Non sono ancora le otto e cinque, perciò non devo giustificare il ritardo…!”). Solo nella seconda parte dell’anno scolastico si è ottenuto che arrivasse in classe insieme con i suoi compagni.
L’impegno domestico è stato discontinuo e molto superficiale, solo nell’ultimo periodo si è impegnato con regolarità grazie al maggior controllo esercitato dalla famiglia.
D’altra parte, non lavorando in classe, il lavoro a casa diventava estremamente difficoltoso e si otteneva da E di avere svolto solo qualche esercizio a completamento sul libro,tabelle per lo più già strutturate, in quanto non avendo schemi di riferimento, sia i problemi di matematica, che i vari esercizi di grammatica in L1 o L2, si riducevano a qualche piccola operazione svolta sul quaderno, senza poter identificare talvolta un’analisi dei dati e un procedimento chiaro.
La sua preparazione in ingresso risultava lacunosa, non tanto per le conoscenze, quanto per l’approccio al lavoro scolastico, dimostrandosi poco motivato e di una certa qual sopportazione, considerando spesso anche le fasi operative e sperimentali, che solitamente riscuotono successo tra gli alunni, faticose e poco interessanti… Nelle attività laboratoriali, E. non prendeva appunti, faticava a seguire la lezione e spesso giocherellava con i materiali, suoi o dei vicini di banco.
Già all’inizio dell’anno scolastico la famiglia di E. è stata convocata, per esporre la situazione del ragazzo sia in relazione ai frequenti ritardi, che alla scarsa autonomia.
In quelle occasioni la madre ha riconosciuto di non averlo aiutato molto a crescere in autonomia e di averlo, anzi cresciuto tra mille coccole, come un uccellino nella bambagia. Si è concordato di affidargli dei piccoli compiti anche domestici, da svolgere entro tempi stabiliti. Dal canto loro, sul fronte scolastico, i docenti, per non riprenderlo in continuazione e per salvare la sua immagine di fronte ai compagni, hanno deciso di affiancargli dei compagni particolarmente disponibili all’aiuto, ma E. si è spesso dimostrato insofferente e non sempre ha colto la disponibilità ricevuta.
Ai genitori veniva, d’altra parte, chiesto un controllo sistematico del diario, del libretto personale, dei quaderni, dell’esecuzione dei compiti, dato che l’impegno era discontinuo e superficiale in molte discipline e che le varie annotazioni e gli avvisi mandati a casa sia sul libretto personale, che sul diario, che sui quaderni, non risultavano firmati dagli stessi.
Ulteriori convocazioni si sono succedute nel corso dei mesi a dicembre, a marzo, in aprile, a maggio, per consegnare le schede di valutazione, per discuterle, per osservare insieme eventuali cambiamenti.
In effetti qualcosa cominciava a cambiare: prima di Natale era iniziato il breve ciclo di incontri pomeridiani sull’applicazione del Metodo Feuerstein, al quale E. veniva abbastanza volentieri: lì non si sentiva valutato, non c’era il registro, non c’erano i voti, non si doveva rispondere “azzeccando” la soluzione, ma bastava alzare la mano, dopo aver pensato un po’, ma soprattutto: NON C’ERANO TEMPI, NE’ SCADENZE PRESTABILITE! “Un momento, sto pensando” è stata la più bella scoperta fatta da E. :nessuno poteva più obiettargli nulla. Finalmente i suoi interventi venivano ascoltati da tutti, nessuno più sorrideva di sottecchi, non lo prendeva in giro più nessuno. Con “Organizzazione dei punti” riusciva a tirare fuori le figure,”EUREKA!” la consegna era eseguita, l’insegnate era contenta! E. stesso era contento, anche lui poteva farcela!
La sua prima lode pubblica e i compagni lo guardavano con stupore .
Intanto le mattinate a Scuola si succedevano tutte più o meno uguali, ma quegli incontri del martedì pomeriggio erano fibrillanti.
Tutti facevano quasi a gara per sbracciarsi e ricevere la parola, tutti volevano dire la loro opinione e aspettavano con fremito quegli attimi di attesa per poter intervenire ed esprimersi... Le figure di “Organizzazione dei punti” venivano fuori anche a costo di “rompersi “ la testa, qualche volta.


Questo Professor Feuerstein le aveva pensate proprio tutte per farli diventare più intelligenti, anche a costo di sentirsi stupidi,talvolta. Ma poi il “bridging”? A che serviva? Per forza, bisognava portare a casa qualcosa! Cosa aveva imparato?
All’improvviso il gioco un giorno si era fatto strano e incomprensibile :una serie di immagini senza storie! Già “Immagini”. Ma quanta ricchezza è venuta fuori da quel bellissimo bambino grassoccio, sempre elegantissimo nei modi e nell’abbigliamento e rubicondo nell’aspetto. Un ragazzo d’altri tempi, senza arroganze, senza gli strattoni , tanto in uso da sembrare di moda, ma lui tanto all’antica, da sembrare venuto fuori da un vecchio romanzo e anche per questo guardato un po’ così dai compagni e dagli adulti ormai avvezzi a certi modi spicci e a corto di tempo, quasi senza volontà, aspettando di sentir dall’alto quel che si deve e quel che non si deve fare. Invece, di fronte alle “IMMAGINI” il dolce E. tira fuori tutta la capacità di osservazione che ha e strabilia tutto il gruppo con le sue osservazioni da piccolo adulto, come se fosse stato fino ad allora in un angolo semplicemente ad ascoltare ad osservare il mondo. Finalmente i compagni non solo lo ascoltavano, ma anche lo rispettavano e addirittura sulle sue osservazioni erano utili perchè “imbastivano” le loro.
Al mattino E. sembrava più attento in classe, soprattutto durante le lezioni di inglese, la lingua sembrava aver schiarito le nebulose, cominciava ad alzare la mano per domandare come si dice questo e come si dice quello, addirittura ha cominciato ad eseguire i compiti a casa, dopo che in classe aveva chiesto di essere coinvolto in qualche dialogo di esercitazione. Chiedeva conferma di aver compreso bene le consegne per casa e, addirittura all’insegnante domandava di dettare ancora una volta, per piacere, la consegna degli esercizi per essere certo di aver compreso bene.
Finalmente non dimenticava più il libro, non dimenticava più i compiti, ricordava le parole, giocava con i verbi e memorizzava i dialoghi e le funzioni. Certo i tempi… i tempi E. li applicava pensando di applicare tacitamente il motto che ormai era suo:”Un momento, sto pensando…”. I voti,però erano migliorati, (almeno in inglese) e anche la stima di molti compagni di classe! Le sue osservazioni venivano ascoltate e rispettate, non più derise! E: sembrava più sicuro di sé, anche quella volta che era andato a letto tardi di domenica sera e al mattino ricordava solo mezzo dialogo. Aveva avuto il coraggio di scusarsi apertamente con l’insegnante di fronte alla classe, che naturalmente ha perdonato la “scappatella” .
Già, ma tutto questo era accaduto solo per un po’ e quasi esclusivamente in inglese: quando la prof ha smesso di tenere il Corso sull’applicazione del Metodo alla fine del primo quadrimestre, sono saltati fuori pregi e difetti del ragazzo, in modo stridente come non mai, e i professori si sono spaccati su due fronti: quelli pro E., che avevano notato cambiamenti nel suo comportamento e nell’atteggiamento di fronte allo studio e agli impegni, e quelli per i quali ancora il ragazzo non si svegliava.
Infatti il suo atteggiamento era davvero duplice: E. lavorava e si applicava se motivato e se si sentiva atteso e stimolato, non si attivava, se non si sentiva accolto e atteso.
Alla chiusura del primo quadrimestre la Scuola non poteva più finanziare il Metodo, (erano state svolte ormai sedici ore e non c’erano più soldi da poter erogare per quel progetto!) ma E. aveva capito come funzionava la sua mente e quali erano i suoi tempi. Per il secondo quadrimestre la prof di inglese ha costantemente richiamato in classe gli insegnamenti e le considerazioni dei ragazzi, tirando ogni volta la moneta a “testa o croce” sperando di aver lasciato il segno necessario nei ragazzi come lui a portare avanti la fine dell’anno scolastico. In chiusura di scrutinio qualcuno ha rilevato che nel frattempo E. non aveva riportato grandi cambiamenti e ne proponeva la ripetenza: i compiti non erano stati sempre svolti, aveva continuato a dimenticare materiali a casa, le note e gli avvisi non erano stati mostrati ai genitori, anzi spesso tenuti nascosti (E. aveva cominciato a difendersi, evidentemente,ndr..). Allora il Dirigente che aveva ascoltato tutti e che nel frattempo aveva tenuti il conto dei pro e dei contro, ha proposto la votazione per alzata di amo: su dieci insegnamenti, solo quattro docenti lo avrebbero mantenuto in classe prima, mentre gli altri hanno deciso che meritava la fiducia di incontrarlo in seconda, con l’impegno, però da parte della famiglia di continuare ad affidargli piccoli lavoretti domestici da svolgere in assenza dei genitori, mentre sono al lavoro e, da parte della Scuola di aumentare per il prossimo anno scolastico le ore da dedicare al Metodo Feuerstein, che tanto ha entusiasmato ragazzi e genitori.