domenica, giugno 10, 2007

Feldenkrais e Feuerstein

Martedì 19 giugno - h 18,30
Società Canottieri Trieste
Pontile Istria
F e u e r s t e i n e F e l d e n k r a i s
due strade per un solo obiettivo:
la consapevolezza di sé per migliorarsi


La mediazione al servizio del benessere psicofisico
Integrazione tra azione, pensiero ed emozione
La salute come capacità di apprendere e trovare soluzioni

Intervengono


Valentina Mariola
Jael Kopciowski



Seguirà un brindisi di chiusura dell’anno sociale




La vita è movimento

L'approccio educativo Feldenkrais è un sistema d’educazione somatica che unisce intelligenza e creatività, consapevolezza ed armonia, intuizione ed estetica, una scienza e una poesia del corpo in movimento e della mente in azione. L’interesse è portato sulla possibilità di sviluppare il potenziale umano che partendo da condizionamenti ambientali coinvolge il corpo e la mente. L’approccio è completamente indirizzato a legare continuamente lo schema corporeo, il vissuto corporeo e il vissuto psichico.
I benefici che si possono ottenere attraverso la sua pratica sono:
- riduzione del dolore e maggiore benessere psicofisico;
- miglior postura e portamento;
- semplicità ed efficacia nelle azioni quotidiane;
- maggiore consapevolezza e miglioramento dei processi psicomotori;
- fiducia nelle proprie possibilità e capacità, sia nei confronti di se stessi (aumento della stima di sé) che nel rapporto con gli altri (possibilità comunicative):
- riequilibrio psicosomatico.




Moshe Feldenkrais
Moshe Feldenkrais nasce nel 1904 in Bielorussia da famiglia ebrea. A quattordici anni lascia scuola e famiglia per emigrare tutto solo, unico ragazzo in un gruppo di adulti, in Palestina, allora occupata dagli inglesi. Si laurea in Fisica applicata e in Ingegneria meccanica ed elettrica alla Sorbona di Parigi, dove diventa collaboratore di Frédéric Joliot- Curie nella ricerca delle particelle subatomiche.
Nel frattempo incontra Jigoro Kano, con cui inizio lo studio del judo, conseguendo, primo in Europa, la cintura nera.
Costretto a fuggire da Parigi nel 1940 si rifugiò in Inghilterra.
Dopo la guerra si trasferì a Londra, dove, mentre continuava a lavorare come ingegnere e fisico ricercatore, prosegue con i suoi studi su un nuovo approccio al movimento, che, a causa dell’aggravarsi di una vecchia lesione al ginocchio, aveva cominciato a sperimentare su di sé. I risultati da questi studi ed esperimenti diventeranno in seguito il Metodo.
Fino alla sua morte, avvenuta nel 1984, tenne conferenze e corsi in tutto il mondo, insegnando a milioni di persone di tutte le età, razze e culture, sane e malate, come riprendere il loro sviluppo personale e a riconquistare libertà ed autonomia.




La vita mentale è un flusso il cui imperativo è: apprendere

L’uomo si pone in cima all’albero evolutivo: un essere superiore in possesso di qualità e caratteristiche che lo distinguono da tutti gli altri esseri viventi.
Eppure, se ci pensiamo bene, siamo le creature che mettono al mondo la prole più inabile che esista.
I “cuccioli” dell’uomo sono completamente dipendenti dall’adulto e vanno in contro a morte certa per un lunghissimo periodo, se non sono accuditi in modo adeguato.
In che cosa consiste, all’atto pratico, la differenza tra l’essere umano e gli altri animali?


Nella ricerca di quali siano gli elementi distintivi si trovano tanti di quei tratti che è difficile riuscire a decidere quale sia il più significativo. Molti pensano che la caratteristica più importante sia il linguaggio senza il quale nessuna delle conquiste umane sarebbe stata possibile. Ma tutti gli animali superiori emettono dei suoni, praticamente gli stessi, tranne rare e modeste eccezioni, sia che crescano isolati sia che vivano in gruppo, sia che si trovino in una zona del mondo sia che si trovino a migliaia di chilometri di distanza. In altre parole la mucca italiana muggisce nella stessa maniera di quella austriaca o argentina. Gli animali ereditano non solo muscoli e strutture neuronali, ma anche gli schemi di collegamento. Nell’uomo le corde vocali e le interconnessioni nervose non sono legate ad un particolare schema: un bambino allevato in isolamento non imparerebbe a parlare pur avendo la struttura cerebrale di base per farlo.

Altri ritengono che la vera differenza sia la posizione eretta che ha lasciato liberi gli arti anteriori, e che l’uso sofisticato che facciamo delle mani sia elemento determinante nel nostro successo biologico.
Ma anche in questo caso si può osservare che altri animali utilizzano, anche se non in modo esclusivo, gli arti inferiori per muoversi e quelli superiori per “manipolare”. Lo scoiattolo, per esempio, utilizza le dita con molta precisione ed abilità. L’orso spesso deambula utilizzando solo gli arti inferiori.
E’ corretto o è una mera presunzione ritenere che l’uomo sia l’essere più evoluto?
Facciamo un paragone tra il cervello di un neonato umano e quello di un neonato di scimpanzé. Il loro peso è molto simile: circa 300 grammi. Ma il cervello dello scimpanzé appena nato pesa quasi come quello dell’adulto, mentre quello del bambino è appena un quinto del suo peso definitivo.
Più il peso del cervello alla nascita è prossimo a quello dell’animale adulto, più la capacità di funzionare alla nascita è vicina al modo di funzionare dell’animale adulto.
Così, chi nasce con un cervello quasi completo si affaccia alla vita con reazioni preconfezionate agli stimoli esterni e alla maggior parte degli stimoli che probabilmente incontrerà nella vita. Il suo comportamento è di tipo riflesso, fatto di reazioni che, essendo ereditate, sono adatte per stimoli che erano comuni a tutte le precedenti generazioni. Se l’ambiente dovesse cambiare troppo bruscamente queste stessa reazioni riflesse, così come in passato sono state utili alla specie, potrebbero diventare la sua condanna.
E’ questa la sostanziale differenza: il sistema nervoso umano cresce mentre gli stimoli esterni continuano a raggiungerlo e ad agire su di esso, perciò l’ambiente ha sull’uomo un’influenza determinante. La storia individuale fatta di esperienze vissute in prima persona, incide sulle capacità di un soggetto potenziandone le caratteristiche ereditate e riuscendo a ridurre o addirittura annullare, problemi di base. Come dice Feuerstein: gli aspetti genetici non hanno l’ultima parola!
L’uomo è predisposto per apprendere, per modificarsi, per acquisire competenze nuove e complesse, frutto della sua interazione con il mondo. Ciò che uno fa, soprattutto nei primi anni di vita, non solo permette l’acquisizione di competenze specifiche nuove, ma incide in modo determinante sulla struttura stessa del cervello: l’azione crea l’organo.