domenica, aprile 12, 2009

Ce la faccio! Ovvero l'alternativa di essere ottimisti

La mente è ciò che guida la nostra vita. Nulla è più nostro della nostra mente e nulla è più misterioso dei suoi processi.
Quanti ricordi sono nascosti nei meandri del nostro cervello apparentemente persi per sempre, ma pronti ad emergere nei momenti più impensati?
Quante ipotesi possiamo fare proiettandoci nel futuro, quanti sogni, quante fantasie riusciamo a creare nel breve attimo presente?

Quante abilità padroneggiamo senza neanche accorgerci, quante ne potremmo padroneggiare se fossimo in grado di utilizzare al meglio le nostre risorse?

Non esiste momento della vita in cui il pensiero si fermi, non c’è istante in cui si prenda riposo. Eppure le sue possibilità sono molto superiori a quelle da noi utilizzate, molto superiori a quanto riusciamo anche solo a credere.

Il rispetto per questo bene enorme che abbiamo a disposizione, il desiderio di non sprecarlo, la voglia di aiutare chi ne ha bisogno, chi, per i motivi più disparati, non riesce, da solo, ad utilizzare adeguatamente le proprie risorse, ci spinge a cercare modalità di interazione sempre più propositive e dinamiche, più personalizzate. La consapevolezza di poter incidere sui risultati
futuri perché l’individuo è modificabile è quella molla che permette di porre in campo tutte le risorse necessarie.

L’intelligenza è qualcosa che si può anche insegnare.
Lo si fa guidando ad osservare ed a porsi domande; stimolandolo a confrontare oggetti ed eventi, a cercare collegamenti tra fatti in apparenza non correlati tra loro; inducendo ad utilizzare un vocabolario corretto ed appropriato; incoraggiando ad astrarre dalla situazione vissuta al momento per immaginare fatti futuri o passati, certi o solo possibili, reali o fantastici.
Lo si fa insegnando ad aver fiducia in se stessi, a valutare in maniera obiettiva i propri successi, a far tesoro degli errori, a rendersi conto che la collaborazione porta un arricchimento reciproco, che la condivisione aiuta a superare le difficoltà.
Lo si fa attraverso la predisposizione di un ambiente attivo modificante, grazie alla mediazione che, secondo Feuerstein, tutti dovrebbero utilizzare se desiderano rendere efficace il loro intervento.
Così si può insegnare a disegnare, a leggere e scrivere, a fare i calcoli, si può educare al movimento, far apprezzare la musica e lo sport, si può preparare a condividere esperienze con gli altri, si può fare l’analisi del proprio passato, programmare il proprio futuro, si può affrontare il disagio, rinforzare la personalità; tutto facendo tesoro del postulato fondamentale di Feuerstein: la piena fiducia nella modificabilità cognitiva dell’essere umano. Un credo profondo che negli ultimi anni è stato fortemente sostenuto dalle ricerche di neurofisiologia.
Un processo evolutivo bloccato o interrotto da eventi negativi della vita può essere rimesso in moto in qualsiasi momento, purché le condizioni ambientali siano favorevoli ed il soggetto abbia la possibilità di fare appropriate esperienze di apprendimento. Non esiste situazione in cui ci si debba fermare dicendo: basta, non ho nulla da apprendere, non ho obiettivi da raggiungere, non c’è niente da fare. Ancora una possibilità c’è, se lo vogliamo veramente.

La scelta, fra diverse prospettive, di concentrare il proprio pensiero sulla più ottimistica è l’essenza stessa della mediazione.

Individuazione dell’alternativa ottimista.
Il rischio è parte integrante della vita: affrontare esclusivamente attività il cui esito positivo è scontato non è né proficuo, né stimolante. Restare ancorati a ciò che già si padroneggia completamente è un meccanismo di difesa delle persone insicure, per questo molti bambini con difficoltà d’apprendimento amano ripetere all’infinito gli stessi giochi.
Se, di fronte ad attività insolite ed impegnative si esclude a priori di poter raggiungere la meta, si riterrà il lavoro un inutile spreco di energie e lo si eviterà. Se, al contrario, ci si immagina che il successo sia raggiungibile, lo si affronteràColore testo con tutto l’impegno possibile.

La mediazione dell’alternativa ottimista si ottiene sottolineando che non è necessario essere categoricamente sicuri di ottenere il successo per cimentarsi in una nuova attività. Quanto più è impegnativa e quanta più responsabilità richiede la mansione che siamo chiamati ad intraprendere, tanto meno certi possiamo essere di raggiungere in fretta e bene il risultato atteso e sperato. Cercare quindi di valutare con obiettività, ma con ottimismo, ciò che si deve fare, è il primo passo per affrontare il lavoro, consapevoli che richiederà sforzo e fatica ma che sforzo e fatica, se ben spesi, saranno ripagati dal raggiungimento dell’obiettivo prefissato.

Mediare l’individuazione dell’alternativa ottimista è come mettere una lente colorata davanti ai nostri occhi: ci permette di guardare attraverso un filtro che mostra il mondo in modo più piacevole, senza, tuttavia, nascondere quanto effettivamente esiste.

Per ottenere la mediazione dell’alternativa ottimista il mediatore può:
- proporre attività curiose, originali e creative il cui risultato non sia scontato. “Proviamo questi giochi nuovi, non so ancora come vadano fatti, ma sarà divertente provarci. Il risultato è tutto da vedere!”
- infondere la consapevolezza che non è automatico ottenere un risultato positivo come conseguenza del nostro operato, ma che la possibilità di raggiungerlo esiste.
- Fare in modo che i soggetti concentrino l’attenzione sulle eventualità positive con lo scopo di utilizzare al meglio le proprie risorse, senza per questo sentirsi sminuiti se i problemi incontrati dovessero risultare maggiori del previsto.
- Far riferimento a successi precedenti ottenuti in situazioni apparentemente impossibili.
- Sottolineare gli aspetti positivi del percorso che si sta per intraprendere, aspetti presenti anche in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo (Che ne dite se partecipiamo a questo concorso? Partecipano persone da tutta Italia, non sarà semplice vincere, ma se non si prova non si riesce di sicuro. E poi sarà davvero divertente tutto il lavoro che faremo, anche se non dovessimo arrivare tra i primi!)