venerdì, aprile 25, 2008

I criteri della mediazione: come creare un buon canale di comunicazione


Nell’apprendimento mediato è basilare che le persone che si occupano del soggetto in crescita siano consapevoli del ruolo che coprono, ed agiscano seguendo alcuni criteri di mediazione che condizionano positivamente la capacità di modificare strutturalmente il potenziale cognitivo.
Riportiamo qui solo alcuni di questi criteri, lasciando ad una lettura più approfondita l’analisi degli altri.[1]






1. La mediazione di intenzionalità e reciprocità è quella costante consapevolezza nell’interazione che spinge il mediatore a cercare diversi modi per facilitare la trasmissione dei concetti e delle strategie d’apprendimento. Il mediatore mette in pratica l’intenzionalità quando guida l’interazione verso l’obiettivo, selezionando, mettendo in rilevo ed interpretando alcuni stimoli. La reciprocità si verifica quando c’è una buona risposta da parte del soggetto e l’indicazione che è ricettivo e coinvolto nel processo di apprendimento; essa è un aspetto essenziale nello sviluppo del bambino: egli realizza che le sue azioni possono essere determinanti nell’interazione con il mondo.


2. La mediazione della trascendenza compare quando il mediatore fa in modo che un’esperienza di apprendimento mediato si stacchi dal contesto nel quale si è prodotta e ne superi i fini immediati in favore di scopi più lontani, allargando e diversificando il sistema di bisogni del soggetto. L’obiettivo della trascendenza è di promuovere l’acquisizione di principi, concetti e strategie che possono essere generalizzate ed utilizzate in situazione diverse da quella presente.


3. La mediazione del significato è ciò che arricchisce un’esperienza al di là del suo senso

immediatamente evidente. Si realizza quando il mediatore trasmette il significato e gli obiettivi di un’attività mostrando interesse e coinvolgimento emotivo, promuove lo sviluppo della motivazione intrinseca, ovvero della disponibilità ad imparare ed a cambiare – in pratica ad essere pronti a far tesoro della mediazione. Si ottiene quando si dà un rilievo particolare al messaggio che si sta inviando. Che cosa può rendere particolarmente importante un messaggio? Il fatto di essere collegato con i valori e gli ideali prevalenti nella famiglia, nella scuola, nel gruppo sociale di appartenenza del soggetto. I bambini non imparano solo per concetti, ma per emozioni ed affetti. Senza una profonda comprensione dell’ambiente in cui si è inseriti, non si può rispondere agli stimoli esterni, né per accettarli, né per rifiutarli, né per modificarli.


4. La mediazione del sentimento di competenza aiuta a rendere consapevole il ragazzo di quanto egli sa già, del percorso che è già stato in grado di compiere, permettendogli, in tal modo, di utilizzare al meglio le sue competenze e fornendogli, contemporaneamente, la consapevolezza che egli “può”, che è in grado di proseguire nel suo cammino. Il soggetto viene posto nelle condizioni di realizzare che, se anche incontrerà difficoltà, possiede gli strumenti per superarle come ha già fatto in precedenza. E’ un aiuto sia cognitivo che relazionale, in quanto insieme alla consapevolezza delle competenze possedute, fornisce l’energia necessaria ad esporsi, a “mettersi in gioco” perché si evidenzia che la possibilità di successo esiste realmente.



5. La mediazione di regole di comportamento. Indispensabile a fare in modo che ad ogni attività venga dedicato tempo ed energia sufficienti, che nulla venga affrontato con superficialità e nulla venga dato per scontato. La regolazione del comportamento porta all’equilibrio tra la tendenza all’immobilismo e quella ad agire a vuoto senza né regole né pianificazione. Per facilitarne l’acquisizione è bene far riferimento a due aspetti diversi: da una parte si tratta di promuovere l’individuazione delle regole che danno un senso al mondo, rendendolo un luogo che si è in grado, almeno in parte, di conoscere e prevedere, dall’altro di creare delle consuetudini personali che organizzino il proprio inserimento in quel mondo, aiutando a gestire tanto il quotidiano quanto l’imprevisto. Non sono due entità staccate ed indipendenti, ma strettamente correlate le une alle altre: per diventare autonomi ed auto referenti è necessario conoscere il contesto in cui si è inseriti per anticipare le conseguenze delle proprie azioni.
Ne deriva che i bambini, e non solo loro, hanno bisogno di punti di riferimento solidi e sicuri che permettano di organizzare l’enorme quantità di stimoli da cui sono perennemente bombardati e di prevedere che cosa aspettarsi dal mondo. Sentirsi garantiti sulla continuità tra quanto già avvenuto e le aspettative per il futuro, è un bisogno umano: può essere definito l’equilibrio tra “l’essere” ed il “divenire” in cui il fatto di conoscere le regole che organizzano il gioco della vita facilita l’assunzione delle proprie responsabilità, consapevoli che, anche nel cambiamento, si rimane sempre se stessi.
Immaginate di dover entrare in un luogo sconosciuto immerso nell’oscurità più totale. Siete in prossimità della porta e non vedete nulla davanti a voi. Il primo movimento che farete sarà quello di cercare la parete accanto a voi, al di là dello stipite, nel tentativo di dare una dimensione allo spazio che vi circonda. La vostra mano tocca il vuoto; muovete allora un passo per cercare, a tentoni, un punto fermo un po’ più in là. Quanto più vi allontanate dalla porta di ingresso, cioè dal conosciuto, senza riuscire a definire i limiti all’interno dei quali vi trovate, tanto più aumenta in voi la sensazione di essere in un elemento che vi sfugge e crea ansia.
Ad un certo punto percepite sotto le dita qualche cosa di solido: tentate di aggrapparvi ma sembra che il fugace punto solido appena individuato si sottragga al vostro contatto: là dove avevate l’impressione di aver finalmente trovato una parete c’è di nuovo il nulla, creando una sensazione di panico ancora maggiore. Più cercate inutilmente di dare forma al luogo in cui vi trovate, maggiore è l’angoscia che vi invade, portandovi o all’immobilità o ad assumere comportamenti assurdi e disorganizzati.

Ebbene, la mancanza di pareti corrisponde all’assenza di regole chiare e comprese. Le pareti che danno la fuggevole sensazione di sicurezza creando un’ansia ancora maggiore nel momento in cui non ci sono più, sono paragonabili alla presenza di regole ambigue, non condivise e non costanti, regole che “compaiono e scompaiono” lasciando una sensazione di indefinito ed irraggiungibile.
Il “braccio di ferro” che tante volte i bambini fanno con l’apparente obiettivo di ottenere a tutti costi una determinata cosa, spesso nasce, invece, dal desiderio di tastare la solidità degli adulti che hanno il compito di guidarli verso la crescita, rappresentando le pareti solide dello spazio da loro vissuto e costituendo quel contenimento che dà senso e sicurezza al proprio essere.
Dare limiti precisi evitando le ambiguità che portano a sfide continue e senza costrutto non significa ingabbiare un bambino in un mondo privo di libertà, ma aiutarlo a trovare la propria strada. Se spiegati e coerenti i limiti infondono sicurezza.



6. La mediazione del senso di condivisione. E’ la capacità di saper condividere esperienze,


sentimenti e pensieri con gli altri, quando ciò può essere utile per affrontare e risolvere insieme i problemi, creando una competenza maggiore e collettiva. Essa è collegata all’interdipendenza tra mediatore e soggetto e tra gli individui in genere. E’ il reciproco bisogno di cooperazione a livello affettivo e cognitivo. La condivisione sviluppa empatia attraverso l’interazione sociale. Feuerstein ritiene che sia uno degli elementi alla base del nostro comportamento sociale.



7. Individualità e differenziazione psicologica. Ogni essere umano possiede una personalità e delle caratteristiche sue che bisogna conoscere e rispettare se si desidera entrare realmente in contatto con lui. Il mediatore deve essere consapevole delle differenze che esistono tra le persone, differenze legate ad esperienze pregresse, abilità personali, stili comportamentali, motivazioni, emozioni; riconosce e valorizza le diversità esistenti tra le diverse culture. Attraverso la mediazione dell’individualizzazione, il mediatore, promuovendo il senso di “unicità” del soggetto e puntando all’autonomia e all’indipendenza, lo incoraggia a raggiungere il suo personale potenziale.

8. Ricerca, scelta e conseguimento degli obiettivi
La mediazione della Ricerca, scelta conseguimento degli obiettivi avviene quando il mediatore guida e dirige il soggetto attraverso il processo necessario a predisporre, pianificare e raggiungere obiettivi, rendendolo esplicito.
La mediazione della Ricerca, scelta conseguimento degli obiettivi comporta la necessità di organizzare il proprio operato in vista dell’obiettivo da raggiungere. La pianificazione delle strategie necessarie può essere paragonata al fatto di indirizzare lo sguardo verso l’obiettivo e sviluppare una strategia per raggiungere proprio il centro del bersaglio.

La mediazione del conseguimento degli scopi richiede che il soggetto venga incoraggiato e guidato ad individuare gli obiettivi ed a discutere le strategie per raggiungerli. L’elaborazione di un processo che porti ad assumere comportamenti diretti verso l’obiettivo è importante quanto il fatto stesso di completare il compito, in quanto abitua il mediato a far propri atteggiamenti volti a fissare, cercare e raggiungere gli obiettivi.



[1] jael kopciowski (2002) L’apprendimento mediato Orientamenti teorici ed esperienze pratiche del metodo Feuerstein Ed La scuola

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